Il vento dell’Est

Quale alternativa per l’Europa

Il voto tedesco nei Land della Sassonia-Anhalt e nel Baden Wuttemberg, ci dice che non ci sarà un alternativa socialdemocratica alla Merkel e meno che mai un futuro keynesiano per l’Europa dell’unione monetaria. Sulla base del voto di ieri è difficile pensare che l’AfD dopo aver ottenuto il 23% ed il 14% dei consensi in questi due Land, possa essere un fenomeno destinato ad esaurirsi un breve tempo. Anche perché la presenza della nuova formazione politica, presentatasi per la prima volta al voto, è stata accompagnata da un aumento consistente della partecipazione popolare: i tedeschi che si sono recati alle urne questa volta rispetto alla precedente, sono tra il 5 ed il 12% in più. Se la Cdu perde quasi ovunque, i socialdemocratici, avvezzi da tempo a tracolli storici, continuano a cumulare nuovi record. Di fatto, sula base di questo voto, il governo Cdu Spd non ha più i numeri per una prossima legislatura ed il futuro della Germania sarà condizionato da una formazione dai tratti sciovinisti come quella di Frauke Petry. La sua ricetta oltre al voler respingere gli emigrati è semplice: “ogni Paese ha bisogno della moneta che si adegua meglio alla sua economia. Siccome l'euro non può rispettare questa elementare regola economica, va abolito. Altrimenti i divari economici - e sociali - tra singoli Paesi non faranno che crescere". Ecco l’alternativa realistica alla politica di Maastricht che potrebbe imboccare per prima proprio la Germania, cominciando proprioi con uscire dall’euro. Concluso il rigore di Bruxelles, ognuno resterà con i suoi problemi, l’Italia ci pare quelli di sempre, probabilmente in peggio. Per cui Renzi si misuri bene con questo scenario prossimo ventura. La sinistra e la prospettiva di una politica espansionista in Europa sono perdenti. In Polonia, in Ungheria già hanno vinto le destre che ora minacciano Francia e Germania e la soluzione economico finanziaria che propongono, assume i tratti di un nuovo protezionismo. Come si troverà l’Italia con il suo debito pubblico e la sua scarsa competitività in un contesto di questo genere non osiamo immaginarlo. Certo che il tempo che rimane prima di un contraccolpo tanto violento, non conviene impiegarlo in un braccio di ferro con un’Unione europea oramai giunta al capolinea. Piuttosto cerchiamo di migliorare davvero qualche nostro standard economico, mostrandoci consapevoli di cosa ci aspetta domani, soprattutto nelle condizioni difficili che ben conosciamo e in cui ci troveremo ad operare.

Roma, 14 marzo 2016